Contro i fascismi di ieri e di oggi

VENERDI’ 21 APRILE’017 dalle 18,30

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Nel giorno della liberazione di Bologna dai nazifascisti, vogliamo ricordare la data del 21 aprile 1945 parlando delle odierne resistenze.

– ore 18,30: dibattito sul decreto Minniti e le forme attuali di “fascismo istitizionale” con la partecipazione di: Gianandrea Ronchi (avvocato), Elia De Caro (avvocato – associazione Antigone), Andrea di Xm24 e un socio dell’Associazione di Mutuo Soccorso

– ore 20,15: cena sociale di autofinanziamento

– ore 21,30: spettacolo teatrale “Passaggi partigiani”, regia e testi di Alessia Passarelli; musiche di Giovanni Tufano [info]

– ore 22,30: concerto live della Balotta Continua

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Contro i fascismi di ieri e di oggi

In una stradina di Santa Viola, di fronte ai Prati di Caprara, in un’area disseminata di piccole officine c’è un cippo di mattoni che ricorda l’uccisione di due combattenti per la libertà: Sante Vincenzi e Giuseppe Bentivogli. Furono le ultime vittime dell’infamia e della ferocia nazifascista in città, uccisi nella notte, prima del 21 aprile 1945, a poche ore dalla liberazione di Bologna. Vincenzi e Bentivogli, così come tanti altri antifascisti, avevano già in precedenza pagato duramente quella scelta di campo con carcere, tribunali speciali, confino e misure di polizia. Chissà cosa direbbero oggi nel vedere che quel fascismo che hanno combattuto, fino a sacrificare la loro vita, ritorna, aggressivo e arrogante, in tanti paesi. Chissà cosa direbbero del proliferare di muri, barriere di cemento, fili spinati e reticolati elettrificati. Questi sbarramenti voluti dagli Stati “che si devono difendere” dagli eserciti dei senza speranza, dalle moltitudini dei diseredati che cercano di fuggire da realtà invivibili e da regimi dispotici. Sono i muri che frantumano le identità, che cercano di tenere lontana un’umanità sofferente che preme ai cancelli del “benessere” occidentale, che tracciano una linea di separazione tra mondi che diventano sempre di più ostili. Sono i muri nell’era della globalizzazione che delega il futuro ai fans delle “guerre preventive” e della democrazia esportata con la forza. Chissà cosa direbbero Vincenzi e Bentivogli del loro paese e della loro città e dio quel decreto del ministro dell’Interno Minniti che introduce un «giudice speciale» per i migranti e per coloro che ricoprono l’ultimo gradino della scala sociale. Un decreto che, con il suo articolo 13, abroga la possibilità per i richiedenti asilo di proporre appello avverso alle decisioni giudiziali a loro sfavorevoli emanate dal Tribunale e introduce, per i richiedenti che hanno «ricevuto protezione», il lavoro non retribuito, cioè una nuova forma (legale) di schiavismo. Una normativa che ridà forza ai «carceri etnici», trasformandoli nominalmente da CIE a «Centri per i rimpatri», aumentandone il numero e la presenza in ogni regione.

Questo decreto Sicurezza di un ministro del Pd si pone in una non più sorprendente continuità con un altro del del 5 maggio 2008 di un ministro leghista come Maroni. Viene proposta un’idea di una sicurezza che considera la marginalità sociale presente nello spazio pubblico come un elemento deturpatore del decoro, della quiete pubblica e finanche della moralità. L’approccio al tema da parte di questo governo è vessatorio e classista. Viene criminalizzato l’accattonaggio e rafforzato il sistema reclusorio. Si colpiscono le fasce più svantaggiate e povere della popolazione e si ampliano i poteri straordinari dei Sindaci. Se Maroni dava loro poteri di veri e propri sceriffi, Minniti li trasforma in «podestà» del terzo millennio. Viene introdotta una figura di sindaco dotata di più ampi poteri, le cui ordinanze incidono in maniera significativa sulla libertà di circolazione. Si identificano degli indesiderabili da sanzionare ed espellere da alcune aree dello spazio pubblico. È la palese criminalizzazione dei migranti e dei poveri. Il decreto prevede che il sindaco prima e il questore poi può per talune persone disporre l’allontanamento e il divieto di accesso a certi luoghi per periodi non superiori all’anno. Le norme violate sono di questo tipo: «condotte lesive del decoro urbano, violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi…». Infine il decreto prevede che alle persone condannate, anche con sentenza non definitiva, il questore, sempre lui, possa disporre il divieto di accesso e stazionamento in certi luoghi. Una sorta di daspo in cui si viola chiaramente il principio della presunzione d’innocenza.

Un’azione politica che potrebbe essere tranquillamente targata da un governo di estrema destra o della Lega viene attuata da un governo a maggioranza Pd senza avere alcuna voce critica al proprio interno e quasi nessuna opposizione parlamentare.

Per queste ragioni a Vag61, la sera del 21 aprile, vogliamo ricordare la liberazione di Bologna dai fascisti e dai nazisti, discutendo degli effetti quotidiani dell’odierno «fascismo istituzionale 2.0» messi in campo dal «renzismo» e dalle sue politiche repressive nei confronti dei bisogni sociali. E vogliamo parlare dell’oggi, attraverso le forme di autogestione e di resistenza che prefigurano un’altra idea di vita e di città.

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Passaggi Partigiani

Regia e testi: Alessia Passarelli
Musiche: Gianluca Fortini (clarinetto, percussioni), Giovanni Tufano (liuto turco, chitarra classica, percussioni, voce)
Con Gianluca Fortini, Alessia Passarelli, Giovanni Tufano
Liberamente tratto da: “Darinka – Una staffetta partigiana” di Daniele Civolani e Darinka Joijc

Uno spaccato della resistenza al nazi-fascismo visto attraverso gli occhi di una giovane donna. Dalla Jugoslavia libera e multietnica dell’infanzia fino all’occupazione, la deportazione nel campo di concentramento, la fuga, l’esperienza nella lotta partigiana. Frammenti di una vita divengono parabola della storia di una generazione e di un popolo. La narrazione non segue tanto il filo rosso dei grandi avvenimenti storici; si snoda piuttosto lungo le sottili trame di un singolo destino, articolandosi in una serie di
quadri che sono come fugaci sguardi, punti di vista di una sensibilità capace di sentirsi parte di un tutto. Nella forma del monologo musicato, la parola e la musica, ciascuna conservando l’indipendenza del proprio linguaggio, creano una partitura fatta di incontri e sospensioni, accompagnamenti e contrapposizioni, mettendosi ciascuna al servizio della causa della Memoria, trasmessa per non dimenticare.

Genere: monologo musicato
Durata: 45 minuti

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