Itinerari utili per non subire l’emergenza e reagire alla crisi
No, l’epidemia non colpisce tutte/i allo stesso modo: è un’idea buona solo per qualche inutile salotto televisivo. Certo il virus di per sè non bada alla collocazione sociale, ma le differenze concrete sono enormi: vale qui e ora per l’emergenza sanitaria e il rischio di contrarre il Covid-19, vale qui e ora e in futuro per la crisi economica e il rischio – ahinoi, spesso, già certezza – di pagare un prezzo altissimo mentre invece qualcuno è e sarà ben felice di speculare di più, guadagnare di più, sfruttare di più.
Sui social circola un piccolo prontuario che aiuta a smontare la retorica che va tanto di moda in queste settimane: “E’ una pandemia, non è una guerra. Siamo cittadine/i, non siamo soldati. Siamo responsabili, non si tratta di essere obbedienti. Siamo solidali, non è una questione di patria”. E’ proprio così e del linguaggio sciovinista e militaresco che imperversa dall’inizio dell’emergenza, non ne possiamo più. Non è una guerra, dunque, ma con la guerra ha un pesante elemento in comune: sono sempre le/gli stesse/i quelle/i che restano fregate/i.
Non c’è bisogno di scomodare più di tanto l’etimologia greca (epi e demos: che incombe sul popolo) per vedere che c’è emergenza ed emergenza. Per ogni piccolo e grande Cairo o capoccione di Confindustria pronto a passare all’incasso ci sono migliaia di persone che si giocano la salute e il futuro.
No, il virus – direttamente o indirettamente – non colpisce tutte/i allo stesso modo. Non è la stessa cosa per chi resta senza reddito, per chi già non ce l’aveva, per chi nella selva dei contratti o del lavoro nero non aveva le tutele di prima e non può neanche ambire alle briciole di adesso. Non è la stessa cosa per chi non ha un tetto sulla testa o rischia di perderlo perchè non ce la farà con l’affitto. Non è la stessa cosa per chi vive ammassato in un carcere, in un centro di accoglienza o un dormitorio. Non è la stessa cosa per chi subisce quotidianamente il ricatto del permesso di soggiorno. Non è la stessa cosa per le donne che nell’emergenza vedono acuirsi le disparità in campo sociale, lavorativo, familiare e non è la stessa cosa per le donne che “restando a casa” sono ancora più esposte alla violenza maschile. Non è la stessa cosa per le/gli studentesse/i e le/gli alunne/i che della teledidattica se ne fanno poco se in casa scarseggiano computer e connessione o se mancano interventi educativi adatti alle esigenze specifiche. Non è la stessa cosa per le/gli operatrici/ori sanitarie/i sottopagate/i e non è la stessa cosa per le/i lavoratrici/i che lo smart working se lo sognano e sono costrette/i ad esporsi al contagio (magari senza sufficienti protezioni) perchè la loro azienda è essenziale, abbastanza essenziale, un po’ essenziale, un filino essenziale: guarda caso sono migliaia, solo in provincia di Bologna, gli imprenditori che hanno chiesto e stanno ottenendo la deroga al cosiddetto “blocco” delle attività produttive.
E l’elenco potrebbe allungarsi ancora molto.
La realtà è questa. E anche quando gli aspetti più cruenti dell’emergenza sanitaria saranno alle spalle, continueranno a farsi sentire pesantemente gli effetti a medio e lungo termine delle conseguenze economiche e sociali. Così come è concreto il rischio che i dispositivi di restrizione e di controllo dispiegati in queste settimane finiscano per incardinarsi nell’ordinaria amministrazione ponendo una seria ipoteca sulle libertà individuali e collettive.
Se c’è la necessità di guardare a ciò che accade intorno a noi in questi giorni, insomma, non è certo per denunciare il vicino che ha fatto due passi sotto casa. Guardarsi intorno, invece, significa continuare a costruire comunità (come anche noi stiamo cercando di fare con “Segnali dal futuro”) e significa attivare meccanismi di solidarietà che moltiplichino le tutele per tutte/i e favoriscano l’opportunità di cogliere l’emergenza come fase di necessaria trasformazione, perchè la crisi di oggi – sanitaria, sociale, ambientale – è figlia delle scelte politiche di ieri e di un modello economico da ribaltare.
Sulle tematiche che abbiamo citato e su altro ancora, ci sono diverse iniziative e campagne che si muovono a livello cittadino, regionale, nazionale e transnazionale. Ne segnaliamo alcune (e altre si aggiungeranno) invitando tutte/i a sostenerle e a partecipare, nei vari modi che oggi sono possibili e poi nelle forme che seguiranno:
– Campagna #Redditodiquarantena per un reddito universale
– Campagna Rent Strike/Sciopero degli affitti – Bologna
– Appello “I detenuti gridano tutti/e salvi, tutti/e a casa!
– Campagna #iorestoacasama…lotto tutti i giorni! di Non Una Di Meno Bologna
– Campagna internazionale per la tutela della salute e della sanità pubblica di People’s
Health Movement e Campagna Dico32 – Salute per tutte e tutti
Vag61 – Spazio libero autogestito