Assemblea verso il corteo del 25 aprile

MERCOLEDI’ 22 MARZO’023 alle 21 @ CENTRO SOCIALE DELLA PACE

Ci vediamo mercoledì 22 marzo alle 21 al Centro sociale della Pace, in via del Pratello 53, per costruire insieme una testa sociale che il prossimo 25 aprile sia capace di parlare di tante diverse istanze, di aprire lo spazio a tutte le soggettività dissidenti e in lotta, per questo, per altro, per tutto!

Il 25 aprile non è una ricorrenza, ora e sempre Resistenza!

Anche quest’anno ci troviamo ad avvicinarci al 25 aprile in un momento in cui questa data ha la necessità di esprimere molto più che un semplice festeggiamento in occasione di una ricorrenza: deve essere una giornata di lotta in cui ricordare, e nel ricordo non fare passi indietro di fronte agli attacchi che subiamo quotidianamente alle nostre vite e ai nostri territori.

Il governo più a destra nella storia repubblicana, guidato da un partito che sfoggia l’infame fiamma tricolore nel simbolo, in pochi mesi non ha fatto che confermare la sua fama: abbiamo assistito a un ministro che incolpa i migranti del loro stesso naufragio mentre fa di tutto per ostacolare i soccorsi in mare, un altro che valuta misure punitive contro una preside per essersi espressa contro un pestaggio fascista davanti alla sua scuola, un terzo che, appoggiandosi a una legislazione nata emergenziale e diventata immutabile, costringe un anarchico alla tortura del 41 bis equiparandolo a un mafioso che non deve inviare ‘pizzini’ all’esterno.

È questa la nuova, contemporanea, banalità del male della banda di Meloni: come un tempo i gerarchi nazisti giustificarono le proprie azioni sostenendo di avere semplicemente ubbidito agli ordini, così la schiera dei ministri di oggi non fa altro che appellarsi a un assurdo, quanto disumano, rispetto di regole che desiderano immutabili e per le quali sono disposti a sacrificare vite umane; l’antifascismo da fondativo della nostra società odierna diventa un’opzione tra tante; l’amministrazione della giustizia è piegata a vendetta di Stato.

Vogliamo dedicare questa giornata a tutte le donne, le individualità non binarie, le soggettività LGBTQIA+ che ogni giorno si battono per una società più giusta in tutto il mondo a fianco di ogni oppressione e devastazione. Gli attacchi patriarcali strutturali a queste soggettività sono già evidenti nella forma Stato liberale, ma prendono forza e concretezza coi neofascismi, le teocrazie, gruppi reazionari religiosi, i patriarchi, nei movimenti populisti no gender, in connessione tra di loro in modo coordinato ed economicamente molto potente. Lo vediamo nei troppi Transicidi di ogni anno, nell’ aumento delle violenze alle soggettività LGBTQIA+, negli attacchi strategici e quotidiani all’ aborto, nell’ aumento dei femminicidi, nello smantellamento della sanità pubblica, nella penalizzazione e stigma del lavoro sessuale, nel togliere spazi e autonomia alle donne – centri antiviolenza compresi-, nelle proposte di legge per l’ oscenità e il decoro nello spazio pubblico, nell’impedire discorsi antifascisti e di educazione sessuale nelle scuole, nell’ inasprimento del lavoro produttivo e della repressione, nella devastazione ambientale, insomma nella negazione di qualunque autodeterminazione di una categoria oppressa. In questi anni abbiamo capito come questi discorsi riguardano e comprendono tutte le lotte, grazie alle resistenze territoriali e internazionali di queste soggettività che son state capaci di diventare movimento. Ricordiamo infatti come le filosofie femministe e le pratiche libertarie abbiano portato una rivoluzione, soprattutto culturale ma non solo, in Rojava e nel mondo tutto. Come le compagne in Iran hanno acceso la scintilla per liberarsi di una teocrazia che colpisce tutt3, le soggettività lgbtq si sono arruolate volontarie per liberarsi di chi, come Putin, vorrebbe imporre qualunque limitazione del diritto alla loro autodeterminazione, come già succede in Russia.

Come tranfemministe antifasciste vogliamo che non vi sia più nel mondo l’autoritarismo machista, la violenza capitalista che, con l’aiuto della Chiesa, si serve di gabbie di genere per imporre i propri dogmi. Vogliamo che tutto il sistema di oppressione salti, dall’invisibilizzazione delle soggettività dissidenti, dall’imposizione binaria del genere, dalla maternità come imposizione e scopo ultimo e non come desiderio dell3 singol3, dallo stigma sulle sex workers, da chi viene schiacciato dal regime del 41bis o dalla repressione dello Stato.

Il transfemminismo e i femminismi del mondo rappresentano i nostri migliori punti di riferimento. Le lotte transfemministe rappresentano la risposta a una società che costruisce muri e impone confini, sono la risposta a una società violenta e patriarcale che uccide con costanza, che discrimina, strumentalizza e banalizza le vite di tutt3 3 oppress3/coloro che non rientrano nella unica categorazzazione possibile.
Come ogni anno, costruiremo un 25 aprile che sappia esprimere la potenza della Bologna ora e sempre partigiana, della Bologna in lotta contro ogni oppressione, e ancora più determinata oggi di fronte alla violenza di quei confini interni che anche nella nostra città minacciano le possibilità di vita, di immaginazione collettiva, di autodeterminazione: di fronte alle geometrie imposte dall’alto che tracciano confini nella nostra città, che decidono sui nostri corpi cosa può stare al centro e cosa deve essere rigettato ai margini; di fronte alle politiche dell’espulsione e dell’emergenza perenne, all’impossibilità imposta di un abitare degno, di spazi autogestiti dal basso, di dissenso contro le retoriche della precarietà e dello sfruttamento, noi rispondiamo con la potenza dei nostri corpi dissidenti e oppressi, calpestando le nostre strade e le nostre piazze come ogni giorno, come ogni anno, affermando che la Bologna partigiana non è solamente uno slogan ma un corpo collettivo e multiforme che non si fa piegare dalla repressione.

L’anno scorso la testa del nostro corteo gridava a gran voce “con i popoli oppressi, no alla vostra guerra”: ad un anno da quel momento, la situazione in cui ci troviamo a vivere è ulteriormente aggravata e noi ribadiamo la nostra vicinanza e solidarietà ai popoli che resistono in ogni parte del mondo alla violenza e alla sopraffazione imperialista, colonialista, autoritaria. Da antifascisti dobbiamo sempre prendere posizione a difesa di chi è oppresso, e cercare di allargare in ogni modo ogni spazio, anche residuale, di libertà: questo è il nostro compito e questo continueremo a fare!

La guerra ha conseguenze dirette e devastanti sulle popolazioni coinvolte direttamente nel conflitto ma anche sulle vite di chi, qui e fra noi, già prima che cadessero le prime bombe stentava ad arrivare alla fine del mese e lottava quotidianamente per la sopravvivenza e la dignità.

La narrazione del presidente del Consiglio ci vorrebbe nazione: non siamo nazione ma bensì una classe multietnica, multiculturale, internazionale. La seconda e la terza carica dello stato si fanno portatori di un revanscismo omofobo, transofobo, allergico a qualsiasi istanza intersezionale e transfemmista. Nazionalismo e reazione sono l’odierno fascismo contro il quale combattiamo quotidianamente.

Le retoriche emergenziali chiamano a gran voce e giustificano politiche di austerità e violenza estrattiva, mentre implementano confini interni ed esterni: questi “regimi” di guerra sono ciò che si abbatte come conseguenza diretta sulle nostre vite.

Per opporre all’invasione Russa dell’Ucraina un no secco, per non fare passi indietro di fronte alle politiche che in nome di essa si producono sui nostri territori. Per una pace giusta che si basi sulle aspirazioni e sull’autodeterminazione dei popoli e che tenga conto degli interessi dei lavoratori, delle donne e delle persone LGBTQ+. Per opporre un no determinato alle opere inutili che vessano i nostri territori, come il passante di mezzo e i nuovi rigassificatori in progetto a Ravenna e Piombino, che al posto di una transizione ecologica non fanno che rinnovare istanze devastatrici dei territori e dei corpi che li abitano.

Per opporre un no determinato alla violenza dei confini nazionali, che ancora una volta scelgono tra migranti di serie A e di serie B imponendo una differenza che prende la forma di strage. E per opporre al contempo un no determinato anche a quelli interni, di confini, che vengono tracciati sulla linea di razza, genere e abilità all’interno delle nostre stesse città, con processi di militarizzazione ed espulsione di soggettività non conformi all’universale uomo bianco; un no determinato ai confini interni costruiti su una repressione sempre più soffocante ad ogni forma di dissenso.

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