Il 12 ottobre 2011 eravamo davanti alla sede della Banca d’Italia, con Santa Insolvenza, per rispedire al mittente la lettera con cui la Bce dettava al Governo italiano la ricetta attraverso cui costruire la gabbia dell’austerity, per dire un chiaro no al fatto che precarie e precari dovessero pagare un debito creato da altri. La risposta furono cariche dure e insensate e oggi, in primo grado, la magistratura vorrebbe far pagare il conto di quella giornata di lotta e resistenza con condanne dai tre ai 15 mesi (pene in molti casi perfino più alte di quelle richieste dall’accusa e senza condizionale, anche per chi era al primo processo) nei confronti di 15 manifestanti, con l’aggiunta di un risarcimento nei confronti di alcuni poliziotti (compreso quello già condannato per aver rotto quattro denti, nella stessa occasione, ad una ragazza; sarà un caso?).
A distanza di cinque anni subiamo anche noi il peso di questa reazione scomposta, ma siamo convinti che eravamo quel giorno e che continuiamo ad essere oggi dalla parte giusta. Anche le cronache più recenti, se ce ne fosse bisogno, ancora una volta ci mostrano la violenza del sistema bancario e dei processi di finanziarizzazione. Solidarietà a tutte le persone condannate, sempre a testa alta la rabbia precaria!
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