Scuola pubblica, ovviAmente

suorIl 26 maggio, a Bologna, si svolgerà un referendum che chiede ai cittadini di esprimersi sul finanziamento da circa un milione di euro all’anno che il Comune eroga in favore delle scuole dell’infanzia paritarie a gestione private. Il quesito è semplice. Si chiede quale destinazione di questi fondi si ritiene “più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia”: votando A si sceglie l’opzione “utilizzarle per le scuole comunali e statali”, votando B l’opzione “utilizzarle per le scuole paritarie private”.

Sosteniamo il referendum e ovviamente, ci viene spontaneo dire così, invitiamo a votare A. Nel tempo le lotte per la difesa della scuola pubblica hanno ripetutamente attraversato il nostro spazio e crediamo che questo referendum, anche se consultivo, possa rappresentare un passaggio concreto e importante su questo fronte.

Difesa della scuola pubblica certamente, ovviamente, sebbene tante siano le contraddizioni che andrebbero analizzate. Difesa della scuola pubblica dunque non per conservare, legittimare o salvaguardare le  macerie di un’istituzione svuotata di senso e capacità formativa dalle  riforme dell’ultimo decennio, ma per riaffermare la centralità di  concetti come laicità, pluralità, inclusività e non da ultimo accessibilità per tutti e per tutte. Farlo oggi, qui a Bologna in particolar modo, significa ancora una volta mettere in luce le contraddizioni che vivono dentro una giunta comunale che si riempie la bocca di termini come “bene comune”, ma sembra avere un concetto alquanto distorto. Lo dimostra, tanto per fare un altro esempio sempre nel campo del rapporto tra pubblico e privato, l’ipocrisia con cui si continua a portare avanti un noioso dibattito sulla sussidiarietà mentre il welfare va in pezzi, i servizi chiudono e la marginalità finisce come polvere sotto il tappeto. Meglio darlo, un segnale forte e chiaro, prima che quella della “accoglienza disincentivante” diventi la filosofia dominante anche quando si parla di scuola dell’infanzia.

Se poi servissero altre motivazioni, basta pensare i tentativi messi in campo dall’amministrazione per delegittimare e depotenziare il referendum. E’ la “partecipazione a corrente alternata” che piace tanto al Pd. Va bene, anzi benissimo, quando si tratta di votare alle primarie del partito, va meno bene quando si dà ai cittadini la possibilità di esprimersi su dove finiscono le risorse del Comune. Va bene, anzi benissimo, quando si tratta di cavalcare una mobilitazione popolare come quella che ha fatto vincere i referendum sull’acqua, la si riduce a poco più di folklore quando si tratta di prendere le decisioni conseguenti in sede amministrativa. Il flirt con il berlusconismo, evidentemente, è un po’ più profondo di quanto narrano le cronache parlamentari degli ultimi giorni.

Vag61 – Spazio libero autogestito

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