I dormitori a cielo aperto e l’indifferenza del Comune

A Bologna, come in altre città, fanno molto più notizia le file di clienti che dormono all’aperto una notte, per comprare l’ultimo modello del telefonino della Apple, che la situazione, ormai di squallida normalità, nella quale tante persone, ogni notte dormono per strada. Uno dei punti più “frequentati” da chi dorme a cielo aperto è via Sabatucci, la strada dove c’è il dormitorio pubblico Beltrame e il cortile di Vag61, nell’incrocio tra la stessa strada e via Paolo Fabbri. Ogni notte, dallo scorso inverno, i senza fissa dimora che non hanno trovato posto nell’asilo notturno dal centro Beltrame o che, dopo esserci stati per due settimane devono attendere 28 giorni per poter rientrare (questo è il regolamento), sono costretti a dormire all’aperto, lungo la strada o sotto le tettoie di Vag.

L’abbiamo ormai denunciato più volte: di fatto si è creato stabilmente un nuovo dormitorio a cielo aperto, un’esperienza di auto-disperazione lasciata nell’abbandono e nell’indifferenza da parte del Comune di Bologna. Ogni notte molte persone, soprattutto migranti ma anche diversi nativi, si riversano lungo via Sabatucci, nei dintorni del centro di accoglienza Beltrame e nel cortile di Vag con cartoni, tende e materassi lasciati a terra, perché non hanno un posto dove dormire. Questa l’unica situazione che la città di Bologna offre loro, ormai è diventata una sorta di pedaggio per entrare o rientrare all’asilo notturno.

Siamo molto preoccupati perché se ci sono questi numeri ora (diverse decine) cosa succederà quest’inverno, quando le presenze, come tutti gli anni, aumenteranno e quando le temperature rigide non permetteranno ai senzatetto di sopravvivere al freddo? Tra poco più di un mese l’emergenza aumenterà e la situazione diventerà, come lo scorso inverno, drammatica.
 Quando la pioggia avrà la frequenza di questi giorni quasi tutti quelli che dormono per strada cosa faranno, come si proteggeranno? Non vorremmo che  le tettoie del cortile di Vag61 rimanessero le uniche difese per superare la notte. Sappiamo di cosa stiamo parlando, perché, lo scorso inverno, ci facemmo carico della presenza di decine di migranti per più di sessanta giorni.

Siamo molto preoccupati per le lettere di sfratto recapitate, nel mese di settembre, a 44 inquilini della residenza temporanea Irnerio di via Pallavicini. Se quelle persone verranno mandate via da dove dormono ora, si andranno ad aggiungere a quelle che tutte le sere arrivano in via Sabatucci.

Non è la prima chiusura di una residenza collettiva avvenuta nell’ultimo anno a Bologna. Prima è stata la volta del Centro d’accoglienza di via Terracini e dell’asilo notturno di via Lombardia. In totale, sono più di 130 posti letto venuti a mancare in città. Se a tutto questo, aggiungiamo la prossima cessazione dei finanziamenti per i progetti riguardanti i profughi del nord Africa, è facile immaginare come molte persone che, lo scorso anno, erano state ospitate nelle strutture approntate per quell’emergenza si ritroveranno per strada.

Noi stiamo partecipando, con altre realtà attive nel territorio della Cirenaica, al progetto“Condominio Sabatucci” per promuovere attività di inclusione e di risocializzazione per le persone che vivono al dormitorio pubblico, per far sì che questa struttura sia inserita nella vita del quartiere e non sia un luogo abbandonato a se stesso. Ma sia chiaro: è il Comune che deve affrontare il problema di chi dorme per strada, non c’è sussidiarietà che tenga. L’accoglienza dei senza fissa dimora è una questione pubblica e, in quanto tale, è compito dell’assessorato alle Politiche Sociali e dell’ASP Poveri Vergognosi (Azienda di proprietà al 96% del Comune di Bologna e al 4% della Provincia, a cui sono attribuiti questi compiti) intervenire.

Negli anni passati abbiamo contrastato e ci si siamo mobilitati contro la cosiddetta “accoglienza disincentivante” (io ti do il minimo di assistenza, ti faccio stare anche male, perché ti voglio far capire che devi chiedere aiuto nel luogo da cui provieni) lanciata dalla giunta Cofferati e fatta propria dalle amministrazioni successive. Adesso, ci sembra che le logiche della BCE e dei suoi esecutori italiani (i ministri “tecnici” del governo Monti) siano arrivate fino a Bologna. La crisi ha provocato anche nel nostro territorio un aumento della povertà come non si era mai visto. Nei confronti dei “nuovi poveri” l’approccio “innovativo” dell’Amministrazione comunale sembra quello del “rimbrotto”, come è avvenuto per gli abitanti della struttura di vai Pallavicini. Non vorremmo che dall’accoglienza disincentivante si passasse alla “povertà vissuta come colpa”.

Consigliamo a chi si dovrebbe occupare di politiche sociali in questa città di dare un’occhiata ai dati dell’ISTAT sui senza fissa dimora, usciti in questi giorni: il 61,9% delle persone senza tetto ha perso un lavoro stabile, il 59,5% si è separato dal coniuge e/o dai figli e il 16,2% dichiara di stare male o molto male. Le donne rappresentano il 13,1% delle persone senza dimora, con caratteristiche del tutto simili a quelle osservate tra gli uomini. La maggior parte delle persone che vivono per strada ha meno di 45 anni. Partendo da questo scenario, non ci vuole molto a comprendere come ciò che il Comune di Bologna ha  fatto fino ad ora  sia insufficiente e, molto spesso, sbagliato.

Avanti di questo passo, la situazione può solo peggiorare e questo è un dramma nel dramma.

Vag61

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