VENERDI’ 21 OTTOBRE’016 alle 20
A Vag61 una serata contro l’ergastolo
– ore 20: cena sociale di autofinanziamento (pasta al sugo di davanzale e secondo agli “avanzi di galera”)
– ore 21: presentazione del libro “Quando si vuole. Boschi, banditi, progetti e carcere” di Annino Mele e Giulia Spada. Ne parlerà con l’autrice Severina Berselli, attivista per i diritti dei detenuti.
– alle 22: J.B. Trio in concerto / Jazz-Funk con Pasquale Pettrone (piano), Davide Passarini (bass) e Alessandro Orefice (drums).
Nell’isola di Santo Stefano, a Ventotene, limitrofo al vecchio carcere borbonico, c’è il cimitero degli ergastolani. Si tratta di un luogo simbolico che, con le sue 47 tombe, racconta in modo esemplare quanto sia spietata l’esclusione dal consorzio umano di persone che, anche da morte, hanno un “fine pena mai”.
Se il carcere perpetuo è una delle forme di tortura più crudeli della nostra società, l’ergastolo cosiddetto ostativo è una vera e propria sevizia che non lascia nessuna speranza, producendo, oltre alla morte sociale e civile dei reclusi, anche la loro effettiva morte in prigione. L’ergastolo è una prigione anche per chi non vi è recluso. Del resto, la funzione di terrore che avrebbe esercitato sull’immaginario sociale, era già teorizzata fin dai tempi di Cesare Beccaria. L’ergastolo viene comminato nei tribunali in nome del “popolo” ma ciò non esclude che porzioni di società possano dichiarare: “Non in mio nome”. Per questo la battaglia contro l’ergastolo è come un sospiro di sollievo, per non vivere in una società che immagina se stessa attraverso istituzioni che si nutrono di vendetta e di paura.
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Quando si vuole. Boschi, banditi, progetti e carcere
(Sensibili alle foglie, 2016)
Prefazione di Flavia Corda. Postfazione di Giulio Petrilli.
S’intitola “Quando si vuole” il nuovo lavoro, di Annino Mele, l’ergastolano scrittore di Mamoiada, attualmente rinchiuso nel carcere di Opera. Dopo circa tre anni trascorsi in Sardegna tra Cagliari, Tempio e Uta. Mele ha chiesto e ottenuto il trasferimento a Milano per poter mantenere un rapporto più costante con il figlio. Pubblicato da “Sensibili alle foglie”, il libro è stato scritto a quattro mani, con la collaborazione della giovane antropologa Giulia Spada.
Il libro è una miscela ricordi ed esperienze personali degli autori con elementi analitici del contesto ambientale della Sardegna e della situazione carceraria odierna. Entrambi sardi, sulle problematiche specifiche della loro terra gli autori propongono anche indirizzi di orientamento, corredati da progetti dettagliati. Riguardo al carcere, essi presentano la situazione delle nuove strutture costruite in Sardegna, sia dal punto di vista delle loro speculari esperienze dirette, sia attraverso le inchieste giornalistiche prodotte dall’Associazione Socialismo Diritti e Riforme. Attingendo alla loro fantasia, immaginano una riqualificazione del carcere Buoncammino di Cagliari e, rifacendosi alla loro esperienza personale, si inoltrano dentro le dinamiche istituzionali delle moderne prigioni.
Il libro vuole fare riflettere sul senso dell’ergastolo, sulle incertezze dei regolamenti per i quali, “quando si vuole”, certe cose sono possibili e altre no. E sulla utilità di un sistema carcerario che ancora, troppo spesso, viene inteso come un mondo a parte.
Il lavoro di Annino Mele e Giulia Spada è importante perché parte da narrazioni che riguardano la nuova realtà del carcere, il rapporto fra carcere e territorio, e conduce i lettori all’utopia di liberarsi dalla necessità del carcere.
Nella prefazione, la giornalista nuorese Flavia Corda, che ha seguito la vicenda di Annino Mele fin dal suo arresto nel 1987, afferma: “Mele è sicuramente un detenuto diverso dagli altri e questo gli è costato caro. Lo è perché vuole esserlo. É al corrente dei suoi diritti anche di detenuto e pretende che siano rispettati, non solo per se ma anche per i suoi compagni di ventura. É un ergastolano ma non si sente sconfitto. É prigioniero ma dice “mi sento libero” e liberamente esprime i suoi pensieri. Un detenuto ingombrante insomma. Lui ne è consapevole e, seppure dietro le sbarre, non rinuncia a lottare perché la detenzione sia davvero un percorso di riabilitazione, come previsto dai diritti costituzionali, e non di abbrutimento o peggio di lenta inesorabile estinzione. Progettare un’esistenza quando sai di non avere possibilità di uscire non è cosa facile. Ma sembra che per lui nulla sia alla fine impossibile, e forse un domani davvero quelle sbarre si apriranno”.
Il testo si avvale anche della postfazione di Giulio Petrilli, responsabile del “Comitato contro l’ingiusta detenzione”, avendo sofferto 6 anni in regime di carcere speciale per poi essere assolto. La sua è una storia giudiziaria che ha dell’incredibile. Dopo sei anni di carcere ingiusto, nonostante la definitiva assoluzione, le sentenze delle Corti di Appello, della Cassazione e di Strasburgo non gli hanno riconosciuto il risarcimento per le sue “presunte cattive frequentazioni”, adducendo che Il suo essere in relazione con ambienti politici “estremist”’ avrebbe tratto in inganno gli inquirenti.
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Annino Mele
E’ in carcere dal 1987. Ha pubblicato per “Sensibili alle foglie” Sos camminos della differenza, con Valdimar Andrade Silva (2001), Mai (2005), La sorgente dalle pietre rosse (2007), Strabismi (2009) e, per la GIA Editrice, Il passo del disprezzo (1996); per Delfino Editore, Sa grutta de sos mortos (2009).
Giulia Spada
E’ laureata in Antropologia Culturale. Si occupa di tematiche inerenti il fine vita e, grazie all’amicizia con Annino Mele, anche di carcere e retoriche del corpo recluso. Questo è il suo primo libro.