“Quello a cui sta giocando chi amministra Bologna è un gioco pericoloso, da fermare prima che la devastazione del welfare cittadino assuma i toni di un dramma a cui non si potrà rispondere con il solito scaricabarile”. Lo scrivemmo circa tre mesi fa. Nel frattempo è morto il piccolo Devid. E sono piovute lacrime di coccodrillo. Pochi giorni fa è morto D.B., 28 anni, tossicodipendente. Lo hanno trovato nei bagni della facoltà di Lettere. Per lui neanche i coccodrilli si sono disturbati.
A luglio l’amministrazione ha chiuso il Drop In di via Paolo Fabbri. Il quotidiano Zic.it lo scrisse, prese atto delle rassicurazioni su una rapida riapertura, poi verificò che erano le solite menzogne. Chiuso un luogo destinato all’accoglienza dei tossicodipendenti, per lo scambio di siringhe ad esempio. Un servizio a bassa soglia di accesso rivolto a persone che si trovano in condizione di grave disagio sociale e con pesanti esperienze di fallimenti terapeutici alle spalle. Ultimi. “Con la chiusura del Drop In e’ venuto a mancare l’unico servizio che accoglieva questo tipo di utenza”. Non lo diciamo noi, o almeno non solo. Lo dice la presidente della cooperativa sociale che gestiva la struttura, commentando la tragedia di Lettere: “Noi continuiamo a seguirli tramite l’unita’ di strada, ma e’ chiaro che hanno perso un punto di riferimento”.
I servizi come il Drop In chiudono così come molti bagni pubblici della zona universitaria e, ora che la biblioteca di Lettere e Filosofia e’ aperta fino alle 23, sono molti gli ultimi che si fermano per chiedere aiuto. “Spesso chi non ha una casa ci chiede di chiamare l’ambulanza per poter passare la notte in un letto anziche’ per strada; chiedono una bevanda o di poter stare un po’ al caldo”. Non lo diciamo noi. Lo dicono i dipendenti dell’Università.
Forse la commissaria Cancellieri è troppo impegnata ad inseguire mendicanti e lavavetri. Forse è distratta dalle sirene elettorali. Ma farebbe bene a guardare giù dalla finestra. C’è la vita delle persone, lì sotto. A volte, purtroppo, non c’è più. Non lo scriviamo perchè ci piacciono le frasi ad effetto. E’ la realtà. Nel comunicato di tre mesi fa avevamo ragione. Cosa saremo costretti a scrivere tra altri tre mesi?
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