I fascisti, lo sappiamo, non hanno un granché di cui vantarsi sulle loro malefatte, forse è per questo che, ogni volta, nell’indire i loro provocatori raduni cambiano nome. Il prossimo primo maggio hanno chiamato all’adunata e vorrebbero ritrovarsi a Bologna per una non meglio specificata “tutela dell’interesse nazionale”. Per fortuna un sentimento di ostilità antifascista è da sempre molto presente nella nostra città.
Fin dagli anni cinquanta e per tutti gli anni settanta, ogni volta che i fascisti prenotavano una piazza per farci un’iniziativa, qualche ora prima il tam tam antifascista arrivava nelle fabbriche e, in poco tempo, tanti operai lasciavano il lavoro per occupare la piazza, inibendola al fascista di turno. Dagli anni novanta in poi a praticare l’antifascismo nelle strade sono stati i movimenti, con la sinistra istituzionale che delegava completamente la faccenda e i conseguenti problemi di ordine pubblico alla questura. Così è stato con la prima grande mobilitazione contro Forza Nuova del 13 maggio 2000 e con le più recenti, fino ai giorni nostri, sempre contro il movimento di Fiore e Casa Pound.
Doversi ancora interessare dei fascisti, di chi li usa, di chi li foraggia e li protegge, è senza dubbio qualcosa di insopportabile. Diventa quasi straziante avere ancora a che fare con questa gentaglia. Non conosciamo nessuno che lo faccia col sorriso sulle labbra, ma ogni volta che è stata abbassata la guardia questi hanno avuto la possibilità di prendersi degli spazi e il loro “agire politico” è stato costellato da aggressioni, accoltellamenti, intimidazioni e ignobili schiamazzi razzisti. Perché il punto è proprio questo: il fascismo da quando è apparso e, successivamente, nel corso delle sue varie revisioni e nei differenti modi di proporsi, è sempre stato un dispositivo che ha prodotto a ripetizione false questioni e, sopratutto, false soluzioni ai problemi. I fascismi di ieri e di oggi hanno sempre vomitato bufale diversive, additato nemici artificiosi, inventato capri espiatori, a volte intercettando malcontenti sociali per incanalarli in conflitti tra persone in difficoltà. Se Mussolini varò le Leggi Razziali nel 1938, oggi, marciando sulle peggiori pulsioni della popolazione, prendono spazio retoriche populiste, fondate sulla xenofobia, sull’antisemitismo, sulla discriminazione etnica, sessuale e religiosa, sulla guerra alla società multiculturale, sull’identità di razza e sul nazionalismo estremo. In questi tempi il virus del fascismo è spesso in libera uscita. Si riaffacciano sulla scena raggruppamenti che si ispirano al ventennio e al nazismo, per questo la memoria “corta” è un lusso che non possiamo permetterci. Il fatto che, nei giorni scorsi, a Bologna, questi squallidi “patrioti nazionali” abbiano avuto la sfacciataggine di convocare una loro iniziativa per il primo maggio, tenendo conto del valore storico di questa giornata, fa scattare la provocazione ai massimi livelli.
I fascisti con gli operai e le operaie non ci hanno mai azzeccato nulla, anzi i lavoratori e gli sfruttati sono sempre stati loro nemici. La manovalanza fascista è sempre stata utilizzata come ostacolo (intimidatorio) allo svilupparsi dei movimenti sociali.
Negli anni venti e trenta le camicie nere organizzavano le squadracce di picchiatori e di crumiri contro le lotte dei braccianti. Per frantumare e piegare la resistenza dei lavoratori agricoli, i fascisti si posero alle dirette dipendenze degli agrari, distrussero e incendiarono le sedi delle organizzazioni operaie, picchiarono, incarcerarono, deportarono e uccisero i militanti operai, diedero fuoco alle Camere del lavoro. Poi instaurarono una dittatura violenta e sanguinaria, diventando servi dei nazisti tedeschi
Quando, nel marzo del 1943 e del 1944, nelle fabbriche del nord partirono gli scioperi di massa e le prime forme di resistenza antifascista con i sabotaggi alle produzione belliche negli stabilimenti occupati dai tedeschi, i fascisti della repubblica di Salò furono quelli che arrestarono e torturarono le operaie e gli operai ritenuti gli organizzatori. Furono quelli che stilarono le liste di proscrizione degli scioperanti che portarono alla deportazione di oltre 1.200 operai dalle fabbriche dell’Alta Italia.
Anche negli anni Settanta coi fascisti fu necessario farci i conti: erano gli scherani delle bande di picchiatori della Cisnal che si presentavano per aggredire i picchetti davanti alle fabbriche o gli squadristi del Fuan e della Giovane Italia negli assalti davanti alle scuole o negli agguati alle facoltà universitarie occupate. Oppure, fatto ancor più grave, erano i terroristi esecutori delle Stragi che insanguinarono il nostro paese, che avevano come mandanti settori e servizi dello Stato, con lo scopo di fermare la straordinaria ondata di lotte.
Oggi, rispetto alle nuove figure del lavoro subordinato e precario, si verificano casi come l’accordo bidone sui riders firmato da AssoDelivery con l’UGL (diretta emanazione del “sindacalismo nazionale” della Cisnal missina). Oggi i fascisti innalzano false barricate contro l’arrivo di profughi e migranti, aizzano vergognose gazzarre come quelle di due anni fa in cui calpestarono il pane a Torre Maura e a Casal Bruciato a Roma. Oggi i “giovanotti nazionali” si mobilitano contro la “teoria del gender”, i diritti delle donne e la “sostituzione etnica” dello ius soli. Il razzismo, vistosamente in crescita, produce cacce agli immigrati e sostiene politicamente la chiusura dei porti e il blocco delle navi delle ONG, facendo morire nelle acque del Mediterraneo migliaia di migranti.
E’ chiaro che tutto questo si è potuto verificare, perché il brodo dove queste “teste di legno” galleggiano è pieno del grasso di tutti coloro che hanno compiuto uno squallido tentativo per riscrivere la storia dell’antifascismo e della lotta di Liberazione.
Nel grande corteo di massa che il 25 aprile ha sfilato nelle strade di Bologna abbiamo ribadito che la sconfitta dei fascisti e dei nazisti avvenne attraverso una lotta partigiana che vide protagonisti i lavoratori. Molti gappisti erano operai e pure tante staffette partigiane erano operaie. Fu la fabbrica la loro scuola, il luogo dove impararono a lottare e a organizzarsi contro le ingiustizie. Per questo avere in piazza i fascisti il primo maggio è una cosa inammissibile. Non esiste il diritto di poche decine di fascisti ad esprimere pubblicamente un’ideologia che ha sempre negato ogni libertà di espressione e con la quale il nostro paese aveva chiuso i conti il 25 aprile 1945.
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