Keita ha 18 anni, si è messo in cammino dalla Guinea quando ne aveva appena 14. Ieri sera ha partecipato alla presentazione di “Disegni dalla frontiera” con Francesco Piobbichi. “Meglio tentare e morire che restare”, dice Keita. Un fiume in piena. La sua storia, le sue lacrime, dicono sulla frontiera – su ogni frontiera – più di quanto possano fare mille libri. Keita parla di violenza, razzismo, reclusione, tortura. E parla di riscatto e libertà. “L’Africa è la culla dell’umanità e quindi siamo, siete, tutti africani. L’Africa è il futuro del nostro secolo, dobbiamo tutti combattere per liberarla dalla dominazione e dallo sfruttamento colonialista. O perderemo tutti, come essere umani”. Oggi a Macerata un essere umano che ha già perso, ex candidato della Lega nord, ha sparato ferendo sei africani. Ora c’è chi si indigna per convenienza, chi sminuisce, perfino chi giustifica e non smette di incitare all’odio. Uno schifoso rumore di fondo che, semmai ce ne fosse bisogno, rende ancora più nitide, urgenti e infrangibili le parole di Keita. Parole che servono. Anche a Bologna. Oltre le frontiere, mai più lager etnici!
Vag61 – Spazio libero autogestito