SABATO 1 OTTOBRE’016 alle 19
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Ricordo/tributo al compagno Maurizio “Plasmon” Franceschi
Programma della serata:
– alle 19: testimonianze di amici e compagni che lo hanno conosciuto ed esposizione del “Fondo Plasmon”, a cura del Centro di documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani”
– alle 20,30: convivialità e cena sociale
– alle 21,30: concerto dei Gang, con i fratelli Severini in duo acustico
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Tra i compagni, Plasmon era una garanzia. Per via della mole mastodontica e della sua determinazione, accanto a lui, nelle lotte e nelle manifestazioni, ti sentivi le spalle coperte.
Del resto, vivace e poco propenso alla disciplina, lo era stato fin da bambino. Queste furono anche le cause del suo abbandono scolastico. Cominciò a lavorare molto giovane come operaio tornitore e fu in fabbrica che iniziò la sua attività politica, avvicinandosi ad Avanguardia Operaia. Nel 1976, con altri ragazzi del suo quartiere, diede vita al Collettivo San Ruffillo, aprendosi uno spazio di partecipazione attiva nel movimento del ’77. Era nelle strade nei giorni della rivolta di marzo, dopo l’assassinio di Francesco Lorusso.
Finito il servizio militare, nel dicembre 1979, partecipò a una manifestazione contro uno sgombero di alloggi occupati in Via Castagoli. Un suo caro amico, quella giornata la ricorda così: “Fin dalla mattina, i compagni si scontrarono con la polizia, fu una battaglia che durò fino a sera. A un certo punto, in via Rizzoli, la strada che dalle Due Torri porta in Piazza Maggiore, si vide un autobus fermo, con l’autista che stava litigando con un compagno. Era un ragazzone che, da solo, si era messo davanti al muso del mezzo e, allargando le braccia, lo bloccava, impedendogli di avanzare. La scena era questa: l’autista sbraitava dal finestrino e lui, grande e grosso, imperterrito, bloccava il pullman”. Alla fine degli scontri due compagni vennero fermati, uno era Plasmon. Il fermo venne trasformato in arresto. Maurizio venne processato per direttissima e condannato a due anni e quattro mesi. Una parte della condanna venne scontata in carcere.
Negli aridi anni ’80 Plasmon si concesse una pausa di militanza, anche se non fece mai mancare la sua presenza alle tante manifestazioni del movimento.
Ricominciò a essere attivo, sia sindacalmente che politicamente nel 1991, con l’assunzione nel ruolo di operatore socio sanitario, presso la residenza protetta per anziani Giovanni XXIII. Si iscrisse al sindacato di base RDB (poi USB) e divenne delegato ed attivista dell’organizzazione dei lavoratori fino alla fine dei suoi giorni. Il suo impegno si sviluppò attraverso varie lotte per i diritti dei suoi colleghi di lavoro, ma fu sempre molto attento al benessere e alla salute degli anziani.
Non a caso collaborò al libro “Pannoloni verdi”, curato da Nicola Valentino per la casa editrice “Sensibili alle foglie”. Nel volume si narravano storie sui dispositivi mortificanti nelle Istituzioni totali per anziani. Il testo era il frutto di un cantiere di ricerca svolto con lavoratrici e lavoratori dell’IPAB Giovanni XXIII. L’inchiesta esaminava i meccanismi della contenzione fisica e farmacologica, attivati più per la tranquillità istituzionale che non per la “sicurezza” e la “protezione” dell’anziano, e quelli di infantilizzazione e dipendenza delle persone ricoverate. I pannoloni, verdi e di altri colori, che venivano imposti per “comodità” dell’istituzione, alla fine, favorivano l’incontinenza e potevano essere considerati un simbolo degli itinerari regressivi degli anziani.
Un altro episodio per cui Plasmon divenne un’icona della determinazione a lottare avvenne il 29 settembre del 1997. L’allora ministro della funzione pubblica Bassanini intendeva cancellare i diritti di rappresentanza ai sindacati di base. Le RdB decisero di occupare, a Roma, il ministero, quel Palazzo Vidoni che, per l’occasione, venne ribattezzato ‘Palazzo Bidoni’. Un gruppo di lavoratori si arrampicò sul tetto, mentre il grosso dei manifestanti saliva ad occupare l’ufficio del ministro. Dopo una mezz’ora, una decina di attivisti rimase a presidiare gli uffici del ministero, mentre gli altri partecipanti alla protesta decisero di scendere per fare un blocco stradale su Corso Vittorio Emanuele.Trovarono però, all’uscita, i guardioni e una pattuglia di poliziotti che bloccavano il percorso, approfittando della strettoia di una porta girevole. A quel punto, Maurizio e suo fratello Antonio, dopo essersi fatti un cenno, presero un compagno e lo sostennero per le spalle, permettendogli di smanacciare a più non posso per fare breccia sulla schiera di guardie. Con l’intervento determinante di Plasmon i manifestanti poterono raggiungere la strada, bloccando il traffico per tutta la giornata.
Maurizio si è sempre battuto in difesa delle fasce deboli e delle ingiustizie lavorative, ha sempre guardato con interesse tutti i movimenti antagonisti, compreso quello anarchico, il suo impegno politico e sindacale è stato una costante della sua vita e lui l’ha sempre portato avanti con passione, fino alla fine…