In questi giorni, negli uffici di Palazzo d’Accursio e di Piazza Liber
Paradisus, circola, tra i dipendenti comunali, una diffusa
preoccupazione per un’inquietante epidemia: diverse decine di specchi risulterebbero rotti, soprattutto nei bagni, ma non solo. Una vera e propria strage di cui sarebbero responsabili sindaco e assessori. Secondo la vox populi, infatti, ogni volta che un membro della giunta mette la sua faccia davanti a una superficie riflettente, questa si vergogna così tanto per lui o per lei e va completamente in frantumi. Le ragioni di questa vergogna starebbero, in primo luogo, nell’assoluta incapacità, certificata in tanti anni di cattivo governo, di trovare soluzioni adeguate al problema abitativo che, a causa della crisi, si è fatto molto più grave di quello che già fosse in precedenza.
C’è una cosa, però, che ha portato la rottura degli specchi da sinonimo di disgrazie a simbolo della malvagità ed è l’ignavia di tanti pubblici amministratori, non curanti del fatto che le tante vite spezzate dal moltiplicarsi degli sfratti in città hanno convissuto con l’indecente oscenità degli immobili vuoti e abbandonati. Come degli acari, l’apatia, l’abulia, la pigrizia, l’inerzia, la lentezza, la poltroneria e la negligenza, si sono infilate nei guanciali delle poltrone di Palazzo d’Accursio. E, come contraltare all’indolenza comunale, c’è stata la solerzia “politica” di procuratori della repubblica che hanno deciso, attraverso ordinanze di sgombero e di sequestro, gli interventi abitativi e sociali in città. Ne abbiamo avuto prova in vicende come l’ex Convento Santa Marta, Atlantide, Viale Aldini, Via Solferino, l’ex Telecom.Se a tutto questo, si aggiunge la muscolosità di chi comanda in Piazza Roosevelt, la spietatezza con cui i manganelli si abbattono sulle teste di chi rivendica un diritto primario come la casa, il pastone che ne esce èda incubo.
In questi mesi pensavamo di avere assistito a un raccapricciante “festival del peggio”. Quello che, però, ci è toccato di vedere, in questi giorni, con la vicenda del palazzo delle Poste di via Agucchi 173, la sua occupazione e il suo immediato tentativo di sgombero lampo, supera ogni possibile idea della spudoratezza. La scena è oscena nella sua drammatica tragicità. Uomini, donne, ragazzi e bambini abbarbicati su un tetto, per gridare il loro diritto ad avere un’abitazione e per difendersi dalla polizia. Agenti e carabinieri in antisommossa che, dopo aver fatto irruzione, spintonato e manganellato, presidiano l’entrata dell’immobile al piano terra. In mezzo, il primo e secondo piano, con 75 appartamenti vuoti da più di dieci anni. Si è usata la forza dello Stato per continuare a tenerli vuoti.
E il sindaco? E i suoi assessori? Blaterano: “Il Comune di Bologna condanna l’occupazione dello stabile ex Poste di via Agucchi, stigmatizzando l’uso di minori per fini esclusivamente politici”. E lo schifo di quegli alloggi abbandonati? Sono, per caso, tenuti “liberi” per fini non esclusivamente politici? “Vergogna”, gridavano dal tetto dello stabile. E “vergogna” ci viene da scrivere pure a noi.
Esprimiamo la massima solidarietà agli occupanti e alle occupanti che resistono ormai da tre giorni sul tetto e che urlano a gran voce:
STOP SFRATTI E SGOMBERI, MAI PIU’ SENZA CASA!
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