GIOVEDI’ 14 LUGLIO’022 alle 19
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L’Associazione Antigone e Vag61 presentano, nello spazio autogestito di via Paolo Fabbri 110 (a Bologna), il libro di Sandra Berardi “Carcere e Covid” (Stampalternativa)
Al termine dell’incontro le chiacchiere continuano con un aperitivo rinforzato.
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Il saggio di Sandra Berardi, “Carcere e covid,” edito da Stampalternativa, ricostruisce la cronaca di quanto accadde nelle carceri italiane all’esplosione della pandemia, quando, nella più coercitiva delle “istituzioni totali”, scoppiarono tutte le contraddizioni e venne svelato, se ancora ce ne fosse bisogno, il carico di violenza quotidiana che si vive dietro le sbarre.
La situazione degli istituti di reclusione del nostro paese era già esplosiva già prima dell’annuncio del lockdown, con l’emergenza covid-19 deflagrò del tutto. I primi mesi del 2020 mostrarono pure la grande responsabilità di alcuni media nello spostare il discorso da un’emergenza sanitaria a un’emergenza di mafia, inducendo il governo a introdurre modifiche che rendevano il carcere ancora più disumano. Nel libro si ripercorrono le fasi salienti di quanto avvenuto a partire dal primo provvedimento di “chiusura” del 21 febbraio 2020 di alcune carceri del nord agli operatori e ai familiari provenienti da alcuni specifici comuni fino all’estensione, il 7 marzo 2020, della sospensione dei colloqui familiari in tutte le carceri, da nord a sud, da cui nacque la tensione che portò alle rivolte e al pesante bilancio di tredici detenuti morti.
Per giorni, sui media nazionali e internazionali risaltarono le foto dei detenuti sui tetti da Milano a Palermo, mentre i “professionisti dell’antimafia” e gli amanti della dietrologia si affrettarono a delineare regie occulte nelle rivolte che in realtà erano spontanee. Smisurato e determinante fu il ruolo degli organi di informazione nel trasferire l’ordine del discorso da una difficile emergenza sanitaria alla cosiddetta “emergenza mafia” (buona per tutte le stagioni emergenziali). Non ci volle molto a indurre il Governo Conte a introdurre modifiche normative e procedurali che passarono poi al vaglio della Corte Costituzionale perché la loro natura era di dubbia legittimità.
Le pagine del libro sono un forte e puntuale atto d’accusa, costruito come una sorta di moviola, per rivedere e capire quello che è accaduto nelle nostre prigioni al tempo del Covid. Nelle cose e nelle voci che le hanno raccontate si fa chiarezza sulle rivolte del marzo del 2020 e sulla tragica coda dei tredici detenuti morti.
Per tanto tempo l’informazione, tranne poche eccezioni, si rinchiuse a riccio su quanto avvenne in quelle drammatiche giornate. Da allora ci sono voluti sedici mesi perché si squarciasse il velo di istituzionale omertà e questo grazie all’insistenza delle denunce di poche voci fuori dal coro. Così altrettanto avvenne per l’inchiesta sulla “mattanza” subita dai detenuti di Santa Maria Capua Vetere.
Anche in quel contesto le voci del “securitarismo” nostrano si levarono contro chi sollevava domande e dubbi su quello che era avvenuto. Cercarono di spostare l’attenzione sulla “troppa libertà” dentro le carceri. Nel frattempo ci fu l’archiviazione per 8 delle 9 persone morte “per overdose” e l’informazione mainstream finse di credervi.
Pure alcuni provvedimenti presi dalla magistratura a tutela delle persone gravemente ammalate, furono attaccati attraverso una battente campagna di stampa che irruppe nelle case e nelle teste degli italiani. Furono diffuse informazioni falsate (300 boss mafiosi in libertà!), si soffiò sul fuoco delle paure. E così venne “dettata la linea”. Si condizionarono le scelte politiche e amministrative. Si provocarono le dimissioni al vertice dell’amministrazione penitenziaria e ci fu il ritiro dei provvedimenti che andavano nel solco della logica e del diritto alla salute.
Ci fu poi una frettolosa produzione di altri provvedimenti che rimandarono in carcere persone gravemente ammalate che erano state ammesse alla detenzione domiciliare su una libera valutazione della magistratura di competenza, ne erano state allontanate. Qualcuno di questi fu rimesso in cella, giusto il tempo per morire.
Sandra Berardi, con la sua associazione Yairaiha, da anni si occupa quotidianamente delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane. Ne ha ispezionato buona parte. E ha avuto modo di osservare e analizzare le condizioni reali. E di metterle in relazione con le narrazioni mediatiche distorte che alimentano i luoghi comuni, l’insicurezza sociale e le politiche securitarie.