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Il 12 marzo 2015 sarà la data inaugurale di una nuova stagione di precarietà e sfruttamento. Sarà la prima data dello sfruttamento nell’epoca del Jobs Act. Solo per caso essa coincide con l’inaugurazione della retrospettiva di Escher a Bologna. Se le opere in mostra accompagneranno lo sguardo del visitatore all’interno dei mondi possibili e improbabili prodotti dall’immaginario geniale di Escher, lavoratori e lavoratrici saranno invece scaraventati all’interno di un mondo improbabile ma possibile in cui verranno pagati 23 € al giorno per sei ore di lavoro. Il loro sguardo non sarà certo condotto da nessuna parte se non nell’alienato mondo dei propri conti correnti, dove le briciole compariranno soltanto 90 giorni dopo l’inizio del lavoro a Palazzo Albergati.
D’altra parte non si può negare che gli organizzatori siano a loro modo coerenti: 23÷6=3,833333333333333333333∞… un salario orario che tende infinitamente verso il basso, a suo modo una possibile rappresentazione del movimento dell’infinito a cui Escher ha dedicato il suo genio. In questa stravagante arte della precarizzazione non c’è alcun bisogno di domandarsi quanto realistico sia vivere con meno di quattro euro l’ora: starà alle precarie e ai precari scoprire come muoversi in questo labirinto privo di prospettive, perché tanto – paiono dirci gli esuberanti organizzatori – dalla precarietà non se ne Escher…
Anche se il Jobs Act ha gloriosamente annunciato l’eliminazione progressiva dei contratti che più di altri gestiscono la precarietà intermittente, come ad esempio i co.co.co. e co.co.pro mentre i contratti a chiamata e i voucher sono stati addirittura estesi a più settori di produzione e, e il tetto massimo per i voucher è salito fino a 7000 euro annui. Questo significa totale libertà per le aziende che si possono concedere il lusso di pagare miseri salari e con tempi biblici. Lavori ora, ti pago dopo, magari a rate, solo quando sono sicuro di averci guadagnato, oppure quando posso scomparire per non averci guadagnato abbastanza. Tutto questo con l’avvallo indifferente e silenzioso delle amministrazioni pubbliche, dei sindaci e degli assessori alla cultura, che poi si vantano di cosa hanno fatto per Bologna. Tutto questo per fare del lavoro una merce quasi gratuita.
Come Laboratorio per lo sciopero sociale siamo oggi davanti a Palazzo Alergati per dire basta allo sfruttamento e alla precarizzazione nell’epoca del Jobs Act.
Il 14 novembre, all’interno della giornata nazionale dello sciopero sociale, abbiamo già denunciato protestando di fronte a Conservice, il ruolo delle cooperative nell’organizzazione della precarietà nei pubblici servizi culturali offerti dal comune di Bologna.
Oggi siamo qui sia contro i salari ridicoli pagati dai padroni e lo sfruttamento delle cooperative, sia contro l’irresponsabilità delle pubbliche amministrazioni che, in quanto titolari dei servizi, dovrebbero garantire che essi non siano venduti appaltando la vita dei loro cittadini al peggior offerente.
Mercoledì 25 marzo organizziamo a Vag61 un’assemblea pubblica per proporre :
– il lancio di una campagna nazionale per il salario minimo di 15 euro all’ora per i lavoratori e le lavoratrici delle cooperative sociali.
– azioni di lotta contro lo scempio del Jobs Act
– il lancio di una campagna per il reddito di base
– un permesso di soggiorno ‘minimo’ di due anni per i migranti
Laboratorio per lo sciopero sociale