2004-2014. Contro il caro mensa. Per un pasto sano e accessibile a tutti.
Tra il 2004 e il 2005 come studenti universitari abbiamo protestato più volte contro i prezzi e la gestione aziendalista della mensa universitaria di Piazza Puntoni, già allora la più cara d’Italia.
Facevamo parte di diversi collettivi e chiedevamo la gratuità della mensa, già pagata in realtà da tutti gli studenti con le salate tasse universitarie. Con 5,80 euro a pasto costava tre volte in più rispetto alla media delle altre città italiane, mentre i suoi duecento posti neanche lontanamente potevano far fronte alle esigenze dell’intera zona universitaria. Per contrastare tutto questo abbiamo distribuito gratuitamente centinaia di pasti e nell’aprile 2005 in un centinaio ci siamo autoridotti il pasto, con lo slogan: “Mo’ Pasta! 1 euro può bastare”.
Sentivamo sulla nostra pelle “la durezza delle condizioni materiali imposte dall’ipermercato-Bologna” – come scrivevamo in un volantino – e capivamo quanto il nostro presente di studenti ci preparasse un futuro da precari. Per questo insistevamo sulla necessità di unione nelle lotte tra studenti e lavoratori tutti accomunati da un presente e un futuro di precarietà.
La procura di Bologna guidata da Enrico Di Nicola con alla testa il Pubblico Ministero Paolo Giovagnoli ha perseguito da subito questa lotta come un “disegno criminoso”accusandoci di violenza privata con l´aggravante dell´eversione dell´ordine democratico!
A quasi dieci anni di distanza usciamo finalmente da questa brutta storia: l’aggravante di eversione è miseramente caduta e i reati a noi ascritti sono andati in prescrizione.
A dieci anni di distanza risulta evidente che quella manovra delle procura fu solo un attacco politico per provare ad affossare una lotta sociale. A dieci anni di distanza appare lampante la giustezza delle nostre rivendicazioni e dei nostri metodi di lotta. A dieci anni di distanza rivendichiamo appieno le nostre azioni ed esprimiamo il nostro appoggio a chi lotta oggi contro il caro mensa dell’università e a chi – studenti, precari, lavoratori e disoccupati – dà vita alle mense popolari autogestite.
Piazza Verdi, otto anni dopo: hanno perso.
Un altro processo nato da fatti ormai remoti è arrivato, poco tempo fa, a una sentenza di assoluzione per sopravvenuta prescrizione. Bisogna tornare alla notte del 22 giugno 2006, quando piazza Verdi, allora come oggi cuore vivo e pulsante della cittadella universitaria, si ribellò al fermo violento di due ragazzi da parte della polizia municipale che allora aveva un ufficio in piazza. Il primo era stato sorpreso a orinare in piazza, la seconda aveva protestato per il primo fermo. La situazione si scaldò, arrivò la celere, gli arrabbiati per tre lunghe ore non resero facile lo sgombero della piazza alle forze di polizia. Per quanto avvenne, i solerti investigatori della questura non mancarono di fornire una lista di una dozzina di nomi presi, a caso, tra ragazze e ragazzi di diversi collettivi riconosciuti in piazza, corredata dai confusi fotogrammi del video ripreso dalla telecamera montata sul Teatro Comunale. Così, per anni di processo, gli avvocati furono costretti ad argomentare, immagine per immagine, un’ovvietà: che non si riconosceva proprio nessuno nell’atto di fare niente. Sette anni e undici mesi, il giudice non ha potuto che sentenziare che è stata una grande perdita di tempo.
Nel frattempo, diverse altre volte la piazza è stata teatro di scontri causati dall’assurditàdelle ordinanze “contro il degrado” e dalla prepotenza delle divise. Chi ha vinto? Piazza Verdi non ha mai smesso di essere uno spazio libero, ha ospitato innumerevoli iniziative di protesta o di libera socialità resistente, poliziotti e affini non si permettono più di usare la piazza come parcheggio, l’ufficio della municipale ha chiuso da parecchio tempo.
Alcuni compagni assolti nei due processi
* * * * * * * * * *
Come associazione abbiamo seguito dall’inizio le due lunghissime vicende giudiziarie e contribuito a sostenerne le spese legali. Sottoscriviamo i comunicati dei compagni assolti, confermando il nostro costante impegno ad aiutare, nei limiti delle nostre possibilità, chi viene perseguito in virtù delle propria attività nelle lotte sociali.
Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione
(le foto – inedite – dell’autoriduzione in mensa sono di Luciano Nadalini)