Ci troviamo costretti a dover prendere parola per cercare di ricostruire quanto accaduto mercoledì scorso davanti al CIE di via Mattei a Bologna. Lo facciamo perché in questi giorni sono state rilasciate dichiarazioni totalmente prive di fondamento che si discostano profondamente dalla verità, testimoniata anche dai video che stanno circolando in rete.
In tanti e tante, infatti, c’eravamo dati appuntamento davanti alla struttura di via Mattei per protestare contro la probabile riapertura del CIE, vero e proprio lager di Stato dei nostri giorni. “Armati” di pennelli e vernice volevamo scrivere sul muro di cinta “mai più CIE” e attaccare altri cartelloni che avevamo portato con noi. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è stato fin da subito aggressivo ed ostile: eravamo arrivati solo da pochi minuti e già la polizia premeva minacciosa sui manifestanti da entrambi i lati mentre alcuni di noi cercavano di portare a termine l’azione di comunicazione, che di certo non può essere descritta come violenta. Ad un certo punto è partita una prima carica, a freddo, sui manifestanti che erano lì a volto scoperto e senza alcun tipo di protezione. Dopo questo primo contatto abbiamo cercato di riportare la calma e di allontanare la polizia che invece ha risposto con una seconda carica. A questa ha fatto seguito una terza carica, più violenta delle precedenti perché effettuata di corsa. Infine c’è stata addirittura una quarta carica quando i manifestanti erano ormai ben lontani dalle mura del CIE. I video lo confermano e gli operatori dell’informazione presenti possono testimoniarlo.
Di fronte alla gravità di questi fatti e alla cattiva gestione da parte dei funzionari di piazza di una situazione del tutto pacifica, non ci saremmo aspettati le accuse infondate che in questi giorni vengono mosse da Questura e Procura nei nostri confronti.
In un primo momento queste hanno giustificato l’aggressione con il presunto pericolo di uno “scavalcamento” del muro di cinta. L’inconsistenza di questa versione è risultata subito palese: come avremmo potuto scavalcare un muro di almeno tre metri e mezzo? Con pennelli e secchi di vernice?
In un secondo momento la Questura ha provato a giustificare l’accaduto accusando i manifestanti di aver provocato le forze dell’ordine con la scritta sul muro. Partendo dal fatto che non crediamo che una tale azione possa essere valutata come una forma di provocazione, ci chiediamo se è possibile mai considerare quattro cariche della polizia come una forma di reazione proporzionata ad una scritta su un muro.
Che le nostre intenzioni non fossero quelle di scavalcare o provocare è testimoniato dal fatto che durante la prima carica eravamo tutti a volto scoperto e senza scudi; le protezioni sono state usate in un secondo momento per tutelare i manifestanti da una situazione che stava diventando ulteriormente pericolosa.
In un primo momento, inoltre, la Questura ha negato che fossero state effettuate cariche, ma soltanto un contatto. Riguardando i video però sembra evidente che ci sono state delle cariche anche molto violente e a breve distanza fisica e temporale l’una dall’altra, quando ormai i manifestanti avevano smesso di scrivere sul muro e non costituivano di certo pericolo. La terza carica addirittura è stata effettuata dopo aver preso una rincorsa di due/tre metri, non certo ‘’con calma, senza correre, invitandoli ad allontanarsi’’ come dichiarato dalla Questura alle agenzie di stampa.
Il risultato di questa pessima gestione di piazza è il ferimento di molti manifestanti, alcuni anche in modo grave visto che ne avranno per più di un mese.
Infine, dalle immagini diffuse da Zic, è emersa la preoccupazione che alcuni degli agenti in servizio avessero con sé armi improprie come una bomboletta spray di gas CS, altamente pericoloso. Se i sospetti fossero confermati si tratterebbe di un fatto gravissimo.
Possiamo quindi concludere che le forze dell’ordine hanno avuto un atteggiamento aggressivo, inadeguato e ingiustificato rispetto all’effettivo comportamento dei manifestanti. La gravità di quanto accaduto è accresciuta dal contesto generale in cui si inseriva la manifestazione: nella mente di tutti rimangono ferme ancora oggi le immagini che il giorno prima erano state trasmesse dal tg2 sulle brutali condizioni di vita a cui sono sottoposti i migranti prigionieri a Lampedusa. Di fronte a quella che viene a configurarsi sempre di più come una battaglia di civiltà riteniamo inaccettabile l’atteggiamento di chi crede di poter rispondere con manganellate e bugie: i CIE vanno chiusi per sempre e se dovesse riaprire quello di Bologna torneremo di nuovo a manifestare in via Mattei.
MAI PIÙ CIE, NÈ A BOLOGNA, NÈ ALTROVE
#STOPCIEFOREVER
Tpo, Vag61, Ass. Progrè, Cobas,
Rivolta il debito – Communia Network, Usb, Asia, Làbas occupato