VENERDI’ 12 MARZO’010 DALLE 19,30
Aperitivo, cena e dalle 21,15 lo spettacolo proposto da "Impiccio Psicosociale" e dal Collettivo "Malasorte". Si tratta di una
forma di "Teatro-Forum" dove il pubblico è chiamato a confrontarsi con
la scena presentata. La scena mostra una difficoltà tra persone, un
conflitto o un disagio ed il pubblico, dopo aver visto la scena, può
fermarla e intervenire sostituendosi ai protagonisti per cercare delle
soluzioni possibili. Inoltre, nel corso della serata, sarà possible visitare le mostre fotografiche "I volti del 1° marzo" di Marco Mensa e "Sfide migranti" di Flavia e Giulio.
ILAIRE – TEATRO DELL’OPPRESSO
Gli spettatori diventano attori in una
messa in scena di Teatro dell’Oppresso dal titolo “ILAIRE”, proposta da
“Impiccio Psicosociale” e dal Collettivo “Malasorte”. Si tratta di una
forma di “Teatro-Forum” dove il pubblico è chiamato a confrontarsi con
la scena presentata; la scena mostra una difficoltà tra persone, un
conflitto o un disagio ed il pubblico, dopo aver visto la scena, può
fermarla e intervenire sostituendosi ai protagonisti per cercare delle
soluzioni possibili.
Si tratta di una forma di teatro che vuole coinvolgere gli spettatori
facendoli partecipare “alla finzione di ciò che spesso è realtà intorno
a noi”. In questo tipo di teatro l’attore principale è lo spettatore,
“Impiccio Psicosociale” e Collettivo “Malasorte” proporranno uno
spettacolo che parla di un conflitto non risolto, e starà alpubblico,
risolvere la situazione. Al termine della rappresentazione gli
spettatori potranno intervenire dando suggerimenti, modificando
glieventi e sostituendo gliattori. Tutto verrà gestito da un
personaggio, che cercherà di approfondire ildibattito. Agli
spett-attori quindi verrà proposto di prendere in mano le redini dello
spettacolo.
COS’E’ IL TEATRO DELL’ OPPRESSO?
"Tutti possono fare teatro… anche gli attori… si può fare teatro dappertutto… anche nei teatri…"
Augusto Boal
Lo
spettacolo-forum a cui assisterete utilizza il metodo del Teatro
dell’Oppresso (TdO) , nato in Brasile negli anni ’60 ad opera di
Augusto Boal, direttore del teatro Arena di San Paolo, in cui introduce
il metodo Stanislavskij che rivoluziona il rapporto tra attore e
personaggio: l’attore non mostra il personaggio ma lo vive.
Come altri Boal si pone il problema dell’uso sociale dell’arte e della
sua funzione politica: l’obiettivo è lo sviluppo della teatralità
umana, cioè della capacità di ognuno, non solo dell’artista, di usare
il linguaggio teatrale per conoscere e trasformare la realtà interiore,
relazionale e sociale: “Basta con il teatro che non fa che interpretare
la realtà: bisogna trasformarla!”. Sono passati anni, fatti e storie
dai primi passi di Boal e gli “oggetti” verso i quali poter agire,
agire per cambiare, hanno assunto vesti diverse; anche se manganelli e
poliziotti sono a poco a poco venuti meno concretamente, essi hanno
trovato una collocazione a tratti meno scardinabile, ponendosi sotto
forma di giudizio, senso di colpa o struttura sovraordinata in molte
menti.
Il Teatro-Forum è una tecnica per cui il pubblico è chiamato a
confrontarsi con la scena presentata; la scena mostra una difficoltà
tra persone, un conflitto o un disagio ed il pubblico, dopo aver visto
la scena, può fermarla e intervenire sostituendosi ai protagonisti per
cercare delle soluzioni possibili.
Lo spettatore, dunque, è portato ad essere protagonista dell’azione
drammatica perché si ritiene che questo stimoli la successiva
estrapolazione di quell’esperienza nella vita reale. Lo “spett-attore”
(come lo chiama Boal), entrando in scena e reagendo all’oppressione
nella finzione teatrale, si arricchisce di idee ed energie, ha la
possibilità di capire e trasformare, in una situazione protetta, per
poi affrontare con un maggior bagaglio di strumenti ed esperienze
l’oppressione reale.