Solidarietà, mutualismo sociale e autorganizzazione

Lo dicevamo già un paio di mesi fa: non è uguale per tutte/i. Non è uguale la fase dell’emergenza con gli effetti drammatici nell’immediatezza del quotidiano, non è uguale la crisi sistemica negli aspetti economici e sociali a breve e lungo termine. Sono centinaia di migliaia le persone rimaste senza lavoro e senza reddito, mentre la macchia della precarietà generalizzata si allarga sempre di più e da anni non c’è traccia di un sistema di welfare universalistico e inclusivo. Ad essere colpiti in misura maggiore sono tutte/i coloro che non possiedono altro che la loro forza lavoro e la vedono sempre più sfruttata, che già vivevano in condizioni modeste o modestissime e che ora si ritrovano senza nulla, con nessuna certezza e spesso senza neanche un minimo di speranza. Sono tante, troppe, le persone che non sono in grado di soddisfare i loro bisogni primari, come pagare l’affitto o l’acquisto dei generi alimentari, scendendo al di sotto dei livelli della più elementare sussistenza.

Da alcune settimane abbiamo avviato le attività della Colonna Solidale Autogestita – Cirenaica/San Donato, con il punto di raccolta di beni di prima necessità in via Paolo Fabbri 110, le donazioni online, le cassette della spesa sospesa di strada e di condominio, le consegne a domicilio e l’aggiunta di qualche libro. Crediamo sia importante in una situazione di emergenza organizzarsi per fornire un aiuto concreto rispetto alle necessità immediate. Perchè l’emergenza c’è e, se è tale, è prioritario l’intervento. Al tempo stesso crediamo che già in questa prima fase emerga una forma di mutualismo sociale che di per sè conferisce un senso politico di fondo a questo tipo di esperienza. Perchè come realtà autorganizzata non ci muoviamo dall’alto verso il basso, nè svolgiamo un ruolo di sostegno in ottica istituzionale (nella doppia accezione: legata alle istituzioni; come scopo costitutivo). Anzi, se realtà come la nostra agiscono su questo terreno, vanno proprio a dimostrare che esiste una solidarietà possibile anche al di fuori dei circuiti che invece la contemplano come strumento tra gli altri di governance e finalizzato a un qualche tipo di tornaconto. Secondo noi è proprio sul terreno concreto della solidarietà che vanno costruiti progetti che siano in grado di stabilire (o ristabilire) relazioni che rafforzino i legami sociali ormai a rischio di grave deperimento. In epoca di crisi economica e di precarietà generalizzata, lavorativa ed esistenziale, la colpevolizzazione di chi non è in grado di farcela è una delle cause che alimentano la guerra tra i poveri e rendono sempre più difficile mantenere livelli di vita dignitosi e di piena inclusione.

Riteniamo fondamentale il tentativo di declinare un mutualismo in maniera compiuta, che possa ambire a un coinvolgimento delle persone direttamente interessate dalle iniziative di sostegno. Non tanto in un’ottica di “restituzione” e tanto meno di “sacrificio” (tanto in voga nelle più moderne concezioni di welfare, se ancora così si può chiamare), quanto di consapevolezza e partecipazione cooperativa, all’interno di una dinamica di mutuo soccorso che in quanto tale preveda, dove possibile, forme di scambio e relazione. Mutualismo sociale significa costruire una rete di protezione a favore dei soggetti e degli strati sociali più fragili, offrendo loro il necessario sostegno volto a soddisfare quelle esigenze collettive che rischiano di essere marginalizzate dalla crisi. Si tratta, in altre parole, di introdurre meccanismi non caritatevoli di redistribuzione che attivino la responsabilità sociale dei beneficiari in un’ottica di mutualismo dal basso. Mettere in campo azioni concrete, nelle varie forme che si posso dispiegare, per contrastare l’instabilità sociale attraverso una vera e propria “terapia collettiva”. Occorre favorire e moliplicare la costituzione di gruppi di mutuo aiuto, con lo scopo di dare a persone che vivono situazioni di difficoltà l’opportunità di sostenrsi reciprocamente ad affrontare i problemi comuni, sperimentando momenti di solidarietà e costruendo comunità.

Uno degli aspetti più caratterizzanti dei movimenti è sempre stato la costruzione di legami tra le persone. Non è un caso che oggi da più parti si tenti insistentemente di far passare l’idea che aiutare gli altri e perfino salvare vite sia un crimine, perchè la solidarietà è sempre stata un’arma fondamentale in ogni processo di conflitto e di cambiamento, in ogni percorso di emancipazione e autorganizzazione delle lotte contro le forme dell’ingiustizia sociale. In questa prospettiva, ritrovare valori comuni dentro rapporti umani diversi, costruendo iniziative concrete e sviluppando forme diverse di solidarietà, diventa la ragione del nostro agire. C’è l’esigenza di coniugare il pensiero con l’azione, di dare un nome e un volto alle donne e agli uomini per cui ci si batte. Lavorare al rafforzamento di questi legami non potrà che aiutare le dinamiche del conflitto sociale come pratica collettiva che intreccia forme di autogestione e rivendicazioni. Percorsi rivendicativi che si rendono ora più di prima assolutamente necessari per riportare la società ad affrontare prioritariamente i bisogni e le istanze delle fasce più deboli della popolazione. A partire da ogni forma di relazione territoriale e di mutuo aiuto basata sui valori imprescindibili dell’antifascismo, dell’antirazzismo e dell’antisessismo, le occupazioni di case e lo sciopero degli affitti, le lotte fuori e dentro i luoghi di lavoro. Costruire reti nella forma della concretezza solidale diventa perciò una priorità, insieme a una rivendicazione generale che pretenda un cambiamento radicale e strutturale del sistema di welfare e della sanità pubblica, con un aumento delle risorse finanziarie per la spesa sociale tramite misure come una fiscalità di tipo progressivo e un’imposta patrimoniale sui grandi profitti. Quella del reddito è una questione politica e il nodo centrale è quello della redistribuzione. Non è accettabile che i detentori di capitale possano appropriarsi di una quota sempre più significativa delle ricchezze generate da coloro che lavorano e dalla riproduzione sociale: più il mercato del capitale è “perfetto” e più le diseguaglianze si allargano. Le misure finora adottate dal Governo sono inadeguate e insufficienti, mentre le risorse scarseggiano. Sono invece urgenti un reddito di base incondizionato e un ammortizzatore sociale universale. Insieme alla tutela del reddito e del salario per tutte/i, vanno rivendicati il diritto alla salute nei luoghi di lavoro e la riduzione degli orari contro l’ormai insostenibile etica del dovere, va aggredita la precarietà in tutte le sue sfaccettature.

Quelli che sono in alto vogliono tutto, puntano a controllare ogni risorsa, anche utilizzando strumenti straordinari di repressione e di controllo sociale, ma a volte l’eccesso di prepotenza e disprezzo umano gli si può rivolgere contro. L’autogestione può permettere di creare alleanze politiche e sociali al di fuori dello spazio politico istituzionale, può rafforzare il sentimento di libertà e di eguaglianza presente nei movimenti, può rappresentare forme di economia sociale, solidale e alternativa. Insieme all’autorganizzazione può essere l’apripista per ogni reale processo di trasformazione rivoluzionaria della società.

Vag61 – Spazio libero autogestito

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