“Una distinta signora entra in una macelleria del centro, zona universitaria, si rivolge alla cassiera, sorella del macellaio, col solito fare lamentoso di certe persone con molto tempo da spendere: ‘Povera me, è da questa mattina alle otto che sono in giro, non ne posso più. Sono andata a prenotare degli esami all’Asl. Figurati che le prenotazioni sono chiuse fino a settembre’. Alla cassiera non sembra vero di poter attaccare quello che si percepisce essere uno dei suoi argomenti preferiti tanto che la risposta suona eccitata e fuori tema: ‘Per forza, con tutti quegli extracomunitari…’. Replica la distinta signora con tono che vorrebbe essere di disprezzo ma è solo due tonalità sopra: ‘Ah! Era pieno di loro, certo che hanno imparato proprio bene a venire qui a farsi curare!’. La cassiera: ‘Pensa, che quando QUELLE SCHIFOSE vanno in ospedale a partorire tutti i loro parenti vanno a trovarle per farsi la doccia e se gli infermieri si oppongono li minacciano!’. Queste e altre amenità ho sentito, ma la rabbia mi chiudeva le orecchie e non ricordo esattamente. A un certo punto, però, parlavano con voce tenerissima della cagnina della signora come fosse una dolce creatura. Mi volto, vado alla cassa e, mentre pago, con la voce bassa che fatica ad uscire perché vorrebbe urlare, proclamo freddamente che una donna che partorisce non è mai una schifosa e che non metterò mai più piede in quel negozio di cui ero stata una troppo tollerante cliente, surgelando il falso sorriso/ghigno della cassiera. Esco col culo dritto e penso: ‘Questa è la Bologna che Cofferati asseconda. Bravo!'”.
Questo intervento chiaro e immediato Mariella lo fece a un’assemblea di movimento, nell’era del sindaco sceriffo Sergio Gaetano Cofferati. Senza bisogno di tanti riferimenti teorici, in quell’intervento c’era molta politicità e un’analisi lucida sulla fase, e fu il modo più efficace per spingere tutta l’assemblea a promuovere una mobilitazione costante contro le politiche securitarie che, in città, producevano quotidianamente discriminazione nei confronti dei migranti e repressione dei comportamenti “troppo devianti” dei giovani.
Mariella era uno spirito libero, diretta e mai conciliante; era una piccola e gracile “forza della natura” capace di emanare una travolgente carica di passione. Per tanti di noi era più grande di età, ma era sicuramente la più “giovane” nei suoi comportamenti. Disponibile e generosa nei momenti di lotta, ma pure nei gesti concreti di solidarietà e aiuto alle persone in difficoltà.
Zapatista, disobbediente, no global, internazionalista e, soprattutto, femminista. Forse ce ne vorrebbero tante altre di parole per descrivere il suo impegno nei movimenti di lotta, nell’intervento sociale e nell’impegno politico. Quello che è certo che Mariella l’abbiamo vista in tutte le manifestazioni del movimento noglobal, ai forum sociali, alle invasioni dei Cpt e dei centri di detenzione per migranti, a tantissime assemblee. Era presente e attiva nelle giornate di Genova 2001 contro il G8 e ce la ricordiamo ferita a Ventimiglia dalle manganellate della polizia, ma comunque in prima fila con rabbia e determinazione. Come del resto fu la prima a ad affacciarsi dal portone dello spazio di via Azzo Gardino 61 (da dove partì l’esperienza di Vag61).
Poi arrivò la malattia che la costrinse a rimanere lontana dalle piazze e dalle strade che lei tanto amava. Appena poteva, però, non mancava di presentarsi a un presidio o a un corteo.
Ed stato così anche una delle ultime volte che l’abbiamo incontrata allo sciopero transfemmista dello scorso 8 marzo, con quella sgargiante parrucca fuxia in cui era raccolta la sua fortissima euforica esuberanza.
Era una “tosta e giusta” la nostra piccola/grande Mariella… Questa immagine che noi abbiamo e avremo sempre di lei, e i sentimenti che è sempre riuscita a scatenare, la morte infame che l’ha raggiunta non potrà mai cancellarceli.
Le compagne e i compagni di Vag61